PranzoCena
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Hiroito Mungoi

L’abito non fa il monaco ed il frigo pieno non fa il cuoco.
I grandi cuochi si vedono quando aprono il frigorifero e dopo aver guardato in fondo all’orizzonte bianco brinato intravedono mezzo dado succedaneo di finto brodo con la stagnola verde incollato al soffitto. Nel ripiano di sotto un pomodoro grinzoso, un pezzo di pecorino dall’estremità giallo oro quasi verde, un tubetto di pasta d’acciughe spremuto all’osso, una lattina di birra aperta svanita come una star al tramonto,  un quarto di burro scaduto, due uova fossili. E non ne fa un dramma. Ricorda che per mantenersi all’università mangiava tutti i giorni patate. Lesse, arrosto, in verde, al sugo, con rosmarino e salvia,  burro, origano e paprika, sempre e solo patate. Chi ha attraversato il deserto resiste ad un giorno di afa in città senza sudare e bere.

Il gran cuoco raschiando il fondo del frigo, facendo la scarpetta alla dispensa ti prepara due spaghetti alla mediterranea. Eccellenti.
Il gran cuoco non si dispera mai, apre il pozzetto, infila la mano, fruga tra i ghiacci, sposta sacchetti di patate fritte, calamari nordici, buste di piselli finissimi ed  infine sicuro di se estrae  un’ orata da cinque chili pescata in Thailandia da una baleniera giapponese, che dopo aver  girato i mercati di mezza Europa è finita in un discount dei surgelati di una grigia città del nord.
Il gran cuoco attende silenziosamente che scongeli. Senza fretta. Poi all’improvviso con vigore, come un sarto, come un chirurgo in sala operatoria, inizia l’opera. E’ una sinfonia di gesti. Un rituale religioso che ricorda le funzioni dei sacerdoti di Tebe. L’orata è come la bellissima Nefertiti, la regina del Nilo. Inizia il processo inverso di imbalsamazione. La stessa cura riservata ai faraoni dell’antico Egitto, questa volta a ritroso. Flebo di aceto, unguenti per piaghe da decubito, creme antirughe disossidanti. Olio balsamico alle erbe marine, iniezioni sottocute di estratti di alghe verdi di Fujiama. Se ce ne fosse bisogno il gran cuoco opterebbe anche per una respirazione bocca a bocca. Ma in questo caso  non serve, è sufficiente  un bidet al brodo di alloro e animelle di cipolla fresca o piccoli scalogni.  Il pesce si riprende, si rianima, si ravviva nei colori. Forse ha mosso una pinna dorsale, forse è solo una impressione. Il cuoco passa una mano sulle squame e lo accarezza, dolcemente, spalmando un olio nutriente, come si fa d’estate con la crema solare. Chi di noi quando sta per sedersi sullo sdraio,  sotto l’ombrellone, con il giornale fra le mani, dopo aver guidato per un ora, sotto il sole cocente, dopo aver scaricato la macchina, e trasportato mezza bauliera, borsa frigo, pinne, cesto, bidone, canne da pesca, non ha provato la gioia di vedere avvicinarsi la moglie sorridente, con gli occhi dolci,  con un tubetto in mano:
- Mi la passi la crema sulle spalle per favore?
Il cuoco ci mette sicuramente più passione. Ed ecco che  gli occhi del pesce sono nuovamente vivi, le branchie di un rosso cremisi. Come un illusionista.
 - Signori e signore, ecco a voi una fresca orata del golfo, di circa cinque chili, pescata stanotte. Prepareremo una orata di lenza spennellata al timo con trottole di  verdure al cartoccio.

Eccellente scriverà in una sua recensione il direttore della  rivista Ristoranti d’Italy. “L’orata era proprio speciale, freschissima di ottimo livello, materia prima sicuramente eccelsa e preparazione attenta. Delicatissima, quasi soffice, davvero consigliata. Una sola parola per descriverla:  eccellente”.

 

Mauro Loi

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L’aceto e la peste
Nel Trecento la peste invade  l’Europa uccidendo un individuo su tre, e fino al 1700 non c’è anno in cui, non si accenda un focolaio di questo tipo di epidemia. Nella profilassi verso i primi del '700 si ripone fiducua nel rimedio attraverso l'aceto. Nel 1720, anno dell’ultima grande epidemia dell’Europa occidentale, gli abitanti di Marsiglia si difendono dall’aria che “genera febbri” tenendo in mano una spugna imbevuta d’aceto che viene inalata di continuo e, da parte dei medici, “attaccata al naso” senza respirare mai con la bocca e senza inghiottire saliva. Insieme ai  dottori segue  un infermiere che porta una bacinella  di aceto dove il medico ripetutamente immerge le mani prima di toccare  il malato.A mo' di acquasantiera. Poi, quando la peste rallenta, si fa  l'genizzazione dei locali pulendo con aceto i muri delle case infette.

Cantina

Cheyenne: Jane, ti posso chiedere una cosa? Perché hai fatto scrivere 'cuisine' all'ingresso della nostra cucina? Lo sappiamo benissimo che c'è la cucina, lì. 

il cuciniere

 

non conosco
la mia vita e le mie creazioni
tutto quello che mi è dato sapere
è che il mio passato mi viene dietro
come il cameriere attaccato
a fumanti piatti di portata
quanto alle mie creazioni
non è che ne sappia molto di più della loro fine
restano solo tegami da pulire
lana d'acciaio e sapone per piatti
d'altronde è quello che mi merito


 

 

 

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© Mauro Loi - Settimo San Pietro - Cagliari Sardegna